Di Cristina Gauri – Roma 30 giu — In che tipo di mondo un genitore compra peni finti, lavorati all’uncinetto, per i propri bimbi in età prescolare? A porsi la domanda non è un cattolico tradizionalista, né una femminista Terf, né un qualsiasi cattivone «de destra» che vive ancora «nel Medioevo». Lo scrive invece Debbie Hayton, insegnante transgender britannica che parla di «follia dell’attivismo trans radicale» in un articolo dove ci informa dell’esistenza di un sito, stitchbugstudio.com, che produce miniature di peni in poliestere, lavorati all’uncinetto, da mettere nelle mutandine delle bimbe per fare loro capire cosa significhi essere un ragazzo.
Peni all’uncinetto per bimbi trans
Nel caso di Stitchbugstudio la «mente» dietro i peni all’uncinetto è tale Bethany Ambron. La Ambron fa sapere che l’idea è nata quando ne voleva uno tutto per sé. «Nell’ottobre 2019 stavo cercando un modello per realizzare un soft packer per me stessa, dopo un’esperienza frustrante per il costo e il disagio arrecatomi delle opzioni in silicone.
Ho provato con i modelli gratuiti che ho trovato e ho pubblicato alcune foto in un grande gruppo di cucito LGBTQ+. Immediatamente due genitori mi hanno chiesto di farne uno per il loro bimbo. Poi, dopo aver ascoltato una madre che stava piangendo con suo figlio, perché non sapeva cosa fare per alleviare la sua sofferenza per la disforia, e non essendoci opzioni disponibili per i bambini, ecco che ho realizzato i primissimi soft packers proprio per bambini di 10 e 6 anni».
Da qui l’idea di fabbricarne in serie e farci i soldi sul web. Ogni protesi è fatta a mano da un gay. Con un disclaimer: sul sito viene indicato che il «prodotto non è per neonati e bambini piccoli». E allora per quale motivo sul sito sono disponibili piccoli peni della misura di 3,8 cm, dimensioni che corrispondono alla dimensione del pene di un neonato o infante?
Un nuovo orrore
Non bisogna perdere tempo. Bisogna abituarli fin da piccini, fin dalla culla, a questo nuovo orrore ideologico che mira allo sradicamento dell’identità sessuale: li si deve confondere, intorbidire le acque andando a disturbarli nella loro intimità più inviolabile e sacra. Esiste un universo parallelo liberal-horror in cui mamme e papà (o per meglio dire, genitore1 e genitore2) invasati dalla narrazione gender si convincono del fatto che la loro bimba vuole cambiare sesso in modo permanente e ne assecondano la confusione trasformandola in un piccolo trans.
Ad approfittarne è il mercato: l’esercito di piccoli «imprenditori Lgbt» che aprono siti agghiaccianti di protesi genitali in lattice, bambole genderfluide, libri per indottrinare i bambini, costumi da bagno per trans di otto anni. Gente che si sfrega le mani e fa soldi sull’innocenza di bambini e sul rincoglionimento dei genitori.
Cristina Gauri
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