Una squadra di “veri” italiani insegna alla squadra di “nuovi” svizzeri come si vince con la storia e l’identità
Di Marco Battistini – Roma, 17 giu – Un’Italia devastante. La Svizzera è quel vicino che all’apparenza ha l’erba sempre più verde. Gli elvetici pagano meno tasse, ricevono uno stipendio medio nettamente superiore, il loro apparato pubblico paga a 30 giorni. Dall’altro canto invece trattasi di uno Stato senza Nazione, di un paese volutamente rimasto al di fuori della storia: contemplati i prodotti dell’industria orologiera e assaggiato il rinomato cioccolato, ai 26 cantoni rimane solo qualche indimenticabile scorcio alpino. Poteva quindi la rappresentazione calcistica di questa piccola confederazione generare timori reverenziali a chi si stringe al grido “siamo pronti alla morte, l’Italia chiamò”? Certo che no, e – infatti – il verdetto del campo è netto.
Italia-Svizzera, senza storia
La “nazionale dei naturalizzati“, che nella gara d’esordio ha pareggiato 1-1 contro il non irresistibile Galles, si schiera con un 3-4-1-2: centrali, nella trama di gioco, gli albanesi Xhaka e Shaqiri. Davanti Petkovic si affida alle scorribande del camerunense Embolo. Per gli uomini del Mancio il solito 4-3-3 e un solo cambio rispetto all’11 anti-Turchia, ossia il napoletano Giovanni Di Lorenzo basso a destra al posto di Florenzi, fuori causa per il guaio muscolare al polpaccio patito proprio nella gara d’esordio. Smaltita la scarpata ricevuta nei minuti finali è invece regolarmente in campo il sassolese Berardi.
La prima frazione, svizzeri non pervenuti
Come da copione l’Italia fa suo fin da subito il pallino del gioco. Gli svizzeri, in maglia bianca con particolari rossi, inizialmente si difendono in maniera ordinata ma nell’impostazione da dietro manifestano qualche difficoltà. I nostri ci mettono pochi minuti a leggere la partita e Spinazzola a sinistra va spesso e volentieri a dar manforte a Insigne.
La gara si accende al minuto 19, quando sugli sviluppi di calcio d’angolo capitan Chiellini risolve una mischia, ma il punto dell’1-0 viene annullato per tocco di mano dello stesso juventino che, un paio di minuti più tardi è fermato da una noia muscolare. Entra Acerbi e Locatelli sventaglia – con un bel sinistro al volo – verso Berardi, la mai banale ala destra cambia passo e ancora una volta spacca la gara: dal fondo restituisce il pallone al numero 5 azzurro il quale non deve fare altro che appoggiare in rete. Gli elvetici sono in bambola, sulla fascia mancina sfondiamo ripetutamente con Insigne e Spinazzola, entrambi vicini al raddoppio.
Il secondo tempo: Locatelli resta in cattedra
Il 2-0 si materializza a inizio ripresa: il motorino Barella accentra al limite dell’area per l’onnipresente Locatelli il cui sinistro si insacca nell’angolino basso alla sinistra di Sommer. Il ritmo inevitabilmente si abbassa e, un po’ a sorpresa, Donnarumma per due volte è chiamato a blindate la porta. Mancini mischia le carte facendo uscire Insigne e Berardi. Entrano Chiesa e Toloi, con quest’ultimo che si schiera dietro come terzo di destra in un’inedita difesa a 3. Ci sono spazio e tempo per il contropiede azzurro, tentativi conclusi però in maniera imprecisa. Dentro Cristante e Pessina, ci pensa Immobile, allo scadere, a suggellare la decima vittoria di fila – e ad archiviare il discorso qualificazione – con un destro secco dalla distanza.
Sicuramente non passerà alla storia come le eterne sfide contro Francia e Germania, ma Italia – Svizzera ha comunque qualcosa da insegnarci: a chi ci vorrebbe senza radici e senza confini rispondiamo – oggi più che mai – con l’entusiasmo di quel sentimento comune portato in campo dai nostri ragazzi.
Marco Battistini
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