Tanto fango per nulla, pm verso l’archiviazione di Luca Morisi: sputtanamento mediatico utile solo per il voto
– Si va verso l’archiviazione, come è giusto che sia. Finalmente anche i magistrati della procura di Verona hanno capito quello che appariva ovvio sin dall’inizio: al di là del clamore mediatico, l’affaire Morisi non è altro che una questione privata.
E così, assodato che la droga non apparteneva al guru social della Lega, non resta loro che chiudere il fascicolo e far cadere nel dimenticatoio lo scandalo che per giorni ha strappato titoli sensazionalistici e morbosi sui giornaloni progressisti. Finisce qui, quindi, con un curioso tempismo che ci fa sospettare il solito modus operandi della giustizia a orologeria: scoppiato qualche giorno prima delle elezioni amministrative, il caso si è sgonfiato (guarda un po’) subito dopo il voto.
Già nei giorni scorsi era nell’aria l’ipotesi che i pm di Verona potessero chiedere l’archiviazione del caso. Sul Corriere della Sera di mercoledì, in un articolo infarcito di virgolettati privatissimi che andavano dalla ricerca di stupefacenti all’organizzazione della notte brava (setacciando le preferenze sessuali dei protagonisti), si dava conto del fatto che a portare il Ghb, la cosiddetta “droga dello stupro”, non era stato Luca Morisi bensì uno dei due gigolò romeni.
Non si tratta di un dettaglio di poco conto perché, al netto dell’interesse voyeuristico per screditare Matteo Salvini e il Carroccio, è sulla proprietà della droga in questione che si basa l’intero impianto accusatorio degli inquirenti. Morisi deve, infatti, rispondere del reato di cessione di stupefacenti. Se non sono suoi, però, non c’è cessione e, se non c’è cessione, non ci può essere alcuna ipotesi di reato. Oggi, quindi, sempre il Corriere della Sera fa un passo avanti anticipandoci che i magistrati “solleciteranno la chiusura del fascicolo” chiedendone l’archiviazione
utto finito, dunque. A livello giudiziario può essere, a livello politico mica tanto. Resta l’effetto devastante che le indagini hanno avuto su Morisi in primis e sulla Lega poi. “Non ho detto niente prima del voto perché non voglio cercare alibi”, ha replicato Salvini a Telelombardia a chi gli chiedeva se c’è un legame tra il deludente risultato delle amministrative e il caso giudiziario. “Mi godo i 56 sindaci in più che gli elettori hanno dato Lega ma cerco di fare tesoro delle sconfitte pesanti”. Rimane, comunque, il dubbio che l’inchiesta e tutto il fango, che da essa è schizzato sul Carroccio, possano aver contribuito a queste “sconfitte pesanti”. E così le tempistiche con cui è esploso lo scandalo e, subito dopo il voto, si è (altrettanto velocemente) ammosciato fanno sorgere qualche punto interrogativo.
Il fattaccio risale a metà agosto. È il 14: due romeni vengono fermati durante un controllo di routine. Quando gli viene trovato in macchina un flacone di droga liquida, questi, sui cui nomi i giornali hanno riservato a lungo il massimo riserbo per non violarne la privacy (cortesia che non è mai stata tributata a Morisi), puntano il dito contro il guru leghista. La notizia inizia a girare, non sui giornali ovviamente, ma il diretto interessato sa che non può continuare a guidare la “Bestia”. Il 23 agosto, d’accordo con Salvini, decide di fare un passo indietro e lasciare la guida della macchina social del Carroccio. Un mese dopo arrivano i primi articoli sui quotidiani. Il 27 Repubblica esce in edicola col titolo in prima pagina: Lega, l’ex guru dei social indagato per droga. Il Corriere della Sera fa altrettanto. Parte la caccia all’uomo. A ridosso delle elezioni del 3-4 ottobre è un rifiorire di particolari: il festino gay, la coca (una bustina con pochissimi grammi), il Ghb (anche se l’esito delle analisi non è arrivato ancora oggi), il sito di appuntamenti per omosessuali, i due gigolò, la lite e la baraonda che fa infuriare i vicini. Ci sono tutti gli ingredienti per lo scandalo e, soprattutto, per linciare Morisi con l’obiettivo di arrivare a ferire Salvini.
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