Più passa il tempo e più si rende evidente ai pochi abituati a scavalcare con lo sguardo l’orizzonte del presente, che l’operazione pandemica su scala globale, e relativi certificati digitali come il Green Pass in Italia o ç-ovid Pass nel resto d’Europa, prenda sempre più i contorni di un dirigismo e motivazioni prettamente politiche, anziché sanitarie.
Non staremo in questo contesto a sottolineare la totale anti-scientificità delle misure messe in atto per contrastare una pandemia, né sul fatto che gli attuali vaccini sperimentali sembrano addirittura aggravare la situazione epidemiologica osservando i dati dei paesi con più alto tasso di inoculazione, come li potrebbe osservare un qualunque essere pensante dotato di raziocinio non interessato.
In contemporanea non possiamo non notare la brusca accelerata che la nostra società “globale” sta vivendo in direzione di una sempre maggiore e pervasiva società del controllo gestita tramite sofisticati mezzi altamente tecnologici ed informatici.
Le nostre riflessioni qui ruoteranno attorno a ciò che è comunemente definita l’identità (ID) digitale che, sebbene in sordina, paia essere un punto cardine delle élite mondiali, non solo occidentali, con rimandi costanti nei vari consessi internazionali, dall’Onu e l’Oms, ai G20, agli incontri del gota economico-finanziario di Davos.
E sembrerebbe infatti che ci sia da molti anni una costante spinta, già dal periodo pre-pandemico, in tali ambienti internazionali per l’implementazione ed accettazione di certificati digitali identificativi univoci da appuntare, in una qualche maniera, su ogni essere umano capace di respiro, che ricordiamo essere preziosa CO2, dell’intero globo terracqueo. E una volta appuntato il marchio non sappiamo se sarà facile disfarsene, anzi se sarà possibile...Continua su Articolo Originale...
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